sabato 22 ottobre 2016

Step 04: Il bianco nella mitologia

Nell'antichità si usavano termini diversi che stavano a significare bianco, luce, candore. Inoltre in tutte le religioni il bianco è simbolo della divinità, già al tempo dei romani la morte era vista come il ricongiungimento del defunto con la luce divina.
Nell'arte buddista il bianco indica il riposo e il pensiero, che caratterizzano Vairochana uno dei cinque Buddha trascendentali; si crede che ciascuno di questi aiutino a trasformare specifiche negatività umane in qualità positive, nel caso del bianco trasforma l'illusione di ignoranza nella saggezza della realtà.
Raffigurazione di Vairochana bianco

Nella mitologia greca la luce ha lo stesso significato nel mito della caverna di Platone dove si immagina che dei prigionieri siano stati incatenati sin dalla nascita in una caverna, bloccati in modo che possano fissare solo la parete davanti a loro.Inoltre alle loro spalle è acceso un fuoco separato dai prigionieri da una strada rialzata dove è presente un muretto; lungo questo alcuni uomini portano forme di oggetti, animali, piante e persone, se qualcuno di questi parlasse gli schiavi sarebbero portati a pensare che fossero le ombre a parlare. Si supponga che un prigioniero venga liberato dalle catene e venga costretto a rimanere in piedi a fissare l'uscita della caverna: i suoi occhi inizialmente sarebbero abbagliati dalla luce del sole e e le forme risulterebbero meno reali delle ombre alle quali era abituato; anche se gli fossero mostrati gli oggetti e gli fosse indicata la fonte di luce rimarrebbe dubbioso e, soffrendo nel vedere il fuoco, si volterebbe verso le ombre.
Se il malcapitato venisse costretto ad uscire dalla caverna e fosse esposto alla diretta luce del sole, rimarrebbe accecato e non riuscirebbe a vedere alcunché. Il prigioniero si troverebbe sicuramente a disagio e s'irriterebbe per essere stato trascinato a viva forza in quel luogo.
Volendo abituarsi alla nuova situazione, il prigioniero distinguere in principio solo le ombre delle persone e le loro immagini riflesse nell'acqua; con il passare del tempo potrebbe sostenere la luce e guardare gli oggetti stessi. Successivamente, egli potrebbe, di notte, volgere lo sguardo al cielo, ammirando i corpi celesti con maggior facilità che di giorno. Infine, il prigioniero liberato sarebbe capace di vedere il sole stesso, invece che il suo riflesso nell'acqua, e capirebbe che è esso a produrre le stagioni e gli anni e a governare tutte le cose del mondo visibile e ad essere causa, in certo modo, di tutto quello che egli e suoi compagni vedevano.
Resosi conto della situazione, egli vorrebbe senza dubbio tornare nella caverna e liberare i suoi compagni, essendo felice del cambiamento e provando per loro un senso di pietà: il problema, però, sarebbe proprio quello di convincere gli altri prigionieri ad essere liberati. Infatti, dovendo riabituare gli occhi all'ombra, dovrebbe passare del tempo prima che il prigioniero liberato possa vedere distintamente anche nel fondo della caverna; durante questo periodo, molto probabilmente egli sarebbe oggetto di riso da parte dei prigionieri, in quanto sarebbe tornato dall'ascesa con "gli occhi rovinati". Inoltre, questa sua temporanea inabilità influirebbe negativamente sulla sua opera di convincimento e, anzi, potrebbe spingere gli altri prigionieri ad ucciderlo, se tentasse di liberarli e portarli verso la luce, in quanto, a loro dire, non varrebbe la pena di subire il dolore dell'accecamento e la fatica della salita per andare ad ammirare le cose da lui descritte.

Raffigurazione del mito della caverna di Platone

Simbolo dei colori nella mitologia greca è indubbiamente la dea Iris, figlia di Taumante e di Elettra, messaggera degli dei e personificazione dell'arcobaleno. Solitamente viene raffigurata alata con calzari alati e con un manto scintillante di vari colori.

Sempre nella mitologia greca ritroviamo il bianco come il colore del cavallo alato Pegaso che nacque dal terreno bagnato dal sangue versato quando Perseo tagliò il collo di Medusa. Inizialmente veniva usato da Zeus per trasportare le folgori fino all'Olimpo, successivamente grazie alle briglie donategli da Atena viene addomesticato da Bellerofonte che grazie al cavallo alato riesce ad uccidere la Chimera. Dopo la morte dell'eroe, dovuto alla caduta da Pegaso, quest'ultimo torna tra gli dei. Terminate le sue imprese si trasforma nella costellazione che ancora oggi porta il suo nome. Il colore bianco sottolinea la rinascita dalla materia bruta, Medusa, a fondamentale strumento degli dei.

Raffigurazione di Pegaso

Il bianco torna ad essere simbolo di intelligenza nella mitologia romana nel mito che vede protagonista Quinto Sertorio, un generale in Lusitania che addomesticò un cervo bianco allevandolo fin dalla nascita. Facendo leva sulle superstizioni delle tribù locali, raccontò di averlo ricevuto in dono dalla dea Diana e attribuì la propria intelligenza all'animale.

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